Lo ammetto, ci sto sotto.
Parlo di Simon & Garfunkel, parlo di Sound of Silcence. Sono giorni, settimane che l'ascolto, guardo i video, non mi stanco mai di sentirla. Finisce e la rimetto. Anche ora lo sto facendo. Erano anni che non mi capitava. Da quando avevo 8-9 anni circa, da quando mio fratello e mio cugino iniziavano a fantasticare sulla loro "carriera" da musicisti suonando e cantando sopra la musica che usciva da quel vecchio stereo. A me "costringevano" ad improvvisare da batterista in camera di Claudio (mio cugino) con delle bacchette rimediate non sò dove a sbattere su una specie di..non sò cosa fosse, era una specie di (non saprei descriverlo) vano porta giocattoli (si apriva con un coperchio, rotondo, fatto di pelo di peluche su cui era anche possibile sedersi). Insomma, a quei tempi scoprivo (grazie anche a loro, mio fratello e mio cugino) i Beatles, la mia passione. Mi sentivo importante e credevo davvero di saper suonare le varie Love me do, Eight days a week, Please please me, A hard days night, I want to hold your hand, She loves you, Ticket to ride (la mia preferita), Help (un'altra mia preferita), Lady madonna...(uh quante ne protei citare!).
Era da quel periodo (circa 14 anni fa, come sono vecchio) che non mi capitava di "fissarmi" così per una canzone. Oggi non posso staccare gli occhi da quel video, da quello che ho pubblicato venerdì 6 giugno su questo blog e che ormai da settimane continuo a vedere freneticamente appena posso.
Mi sale il cuore già a vedere Arthur Garfunkel richiamare alla "giusta e silenziosa contemplaziome" il pubblico che, appena sente intonare i primi accordi, non può fare meno di entusiasmarsi; mi immedesimo nelle prime frasi "Hello darkness my old friend, I've come to talk with you again"; sospiro sentendo Paul Simon pronunciare quell' "in my brain" che non sò perché mi sconvolge; non posso far a meno di tentar di immaginare cosa stesse pensando quella ragazza che, tra il secondo "43" e "49" del video, viene inquadrata mentre a testa bassa guarda per terra, o forse chiude gli occhi, non saprei. E la invidio. La invidio perché vorrei esser stato io lì al suo posto il 19 settembre 1981 a Central Park a godermi quei 3 minuti e 51 di riflessione autentica, comune ad altre migliaia di persone lì, nello stesso luogo e stesso momento (quasi riesco ad immaginarmelo quel momento, ed invece mancavano ancora 5 anni alla mia nascita, 5 lunghi anni). E poi oggi, a differenza di ben 27 anni, cosa ricorderà di quei secondi che a me (che non sono stato lì, che sono di un'altra generazione) emozionano tanto? non lo saprò mai.
Una canzone, una poesia, che ho sempre considerato noiosa. Fino a due mesi fa. Quando riascoltandola ho sentito qualcosa dentro. Quando vedendo quel video ci sono rimasto. Il pubblico che si scalda al sentire "ten thousand people maybe more"; il magnifico duo che si immedesima in quel "Fools - said I - you don't know"; la frase più bella, quella che subito segue, "SILENCE LIKE A CANCER GROWS"; e quella finale, quella del giudizio: "And the sign said, -The words of the prophets are written on the subway walls, and tenement halls -". Oh quanto è vero, quanto è bello.
E la strinpellata finale, quasi liberatoria, di Paul Simon che quasi si isola da tutto guardando nell'ombra solo le sue mani che rendono viva la chitarra che stringe...Dio quanto ti dà la musica... Grazie.
domenica, agosto 03, 2008
Silence like a cancer grows
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